Assange a Strasburgo: “Oggi sono libero perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”

Julian Assange è intervenuto all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), tenutasi a Strasburgo, con le sue prime dichiarazioni da uomo libero.
Una testimonianza che ha spinto la quasi totalità dei parlamentari a riconoscere Assange come prigioniero politico

“Signor Presidente, stimati membri dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, signore e signori. […]
L’esperienza dell’isolamento per anni in una piccola cella è difficile da trasmettere; spoglia il senso di sé, lasciando solo la cruda essenza dell’esistenza.
Non sono ancora in grado di parlare di ciò che ho sopportato – l’incessante lotta per rimanere in vita, sia fisicamente che mentalmente, né posso ancora parlare delle morti per impiccagione, omicidio e negligenza medica dei miei compagni di prigionia.
Mi scuso in anticipo se le mie parole vacillano o se la mia presentazione non ha lo smalto che ci si aspetterebbe in un forum così prestigioso.
L’isolamento ha avuto il suo peso, che sto cercando di smaltire, ed esprimermi in questo contesto è una sfida
“.

Queste le prime parole di Julian Assange, giornalista e fondatore di WikiLeaks, che, lo scorso 24 giugno, ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Belmarsh nel quale era detenuto.
Dopo circa 14 anni di persecuzione e diverse forme di detenzione, con la costante minaccia di essere estradato e processato negli USA, il giornalista ha fatto un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense. Si è dunque dichiarato colpevole di “cospirazione per ottenere e divulgare informazioni sulla difesa nazionale“, ai sensi dell’Espionage Act.
In cambio, ha riacquistato la libertà.

Tuttavia, nel suo intervento di fronte all’Assemblea di Strasburgo, Assange ha evidenziato che la sua liberazione non è il frutto di un giusto processo. Ma di uno “sforzo globale senza precedenti” e di una dichiarazione di colpevolezza per aver lavorato come giornalista.

Voglio essere assolutamente chiaro.
Oggi non sono libero perché il sistema ha funzionato. Oggi sono libero perché, dopo anni di carcere, mi sono dichiarato colpevole di giornalismo. Colpevole di aver cercato informazioni da una fonte. Colpevole di aver ottenuto informazioni da una fonte. E mi sono dichiarato colpevole di aver informato il pubblico su quali fossero queste informazioni. Non mi sono dichiarato colpevole di nient’altro.
Spero che la mia testimonianza di oggi possa servire a mettere in luce le debolezze delle tutele esistenti e ad aiutare coloro i cui casi sono meno visibili ma altrettanto vulnerabili.
Alla fine ho preferito la libertà a una giustizia irrealizzabile“.

Assange, 14 anni dopo: “Vedo più segretezza, più impunità, più ritorsioni”

WikiLeaks, dalla sua fondazione nel 2006 fino all’arresto di Assange nel 2019, ha reso pubblici documenti riservati inviati in forma anonima da numerosi whistleblower provenienti da tutto il mondo.
Tra questi, ad esempio, file riguardanti crimini di guerra (tra cui il video Collateral Murder, gli Afghan War Logs e gli Iraq War Logs), torture nel carcere di Guantànamo, prove di corruzione e di spionaggio, e molto altro.

“Quando ho fondato WikiLeaks, il mio sogno era semplice: educare le persone in che modo funziona il mondo. E che, attraverso la comprensione, potessimo creare qualcosa di migliore. Avere una mappa di dove siamo ci permette di capire dove possiamo andare.
La conoscenza ci permette di chiedere conto al potere e di esigere giustizia laddove non c’è”.

Oggi, dopo anni di inattività passati dietro le sbarre, Julian Assange si dice amareggiato dalla condizione in cui versa la libertà di stampa. Soprattutto, di fronte alla difficile situazione che la comunità internazionale sta fronteggiando.
E non si può non riconoscere che la responsabilità di ciò è da addossare anche alla criminalizzazione del giornalismo, che ha toccato l’apice con la sua incarcerazione.

[…] La verità sembra ora meno distinguibile, e mi rammarico di quanto terreno sia stato perso durante questo periodo in cui l’espressione della verità è stata minata, attaccata, indebolita e sminuita.
Vedo più impunità, più segretezza, più ritorsioni per chi dice la verità e più autocensura.
È difficile non tracciare una linea di demarcazione tra l’azione penale del governo statunitense nei miei confronti – che ha attraversato il Rubicone criminalizzando il giornalismo a livello internazionale – e l’attuale clima di raffreddamento della libertà di espressione”.

Signor Presidente, il giornalismo non è un crimine

Con la persecuzione Julian Assange, gli USA non solo hanno condannato la libertà di stampa, ma hanno anche ceduto ad altri Stati la possibilità di compiere le stesse azioni verso giornalisti statunitensi o europei.
Ad esempio, in Russia, o in Medioriente, dove i giornalisti sono costantemente sotto attacco.

Altri Stati potenti seguiranno inevitabilmente l’esempio.
La guerra in Ucraina ha già visto la criminalizzazione dei giornalisti in Russia, ma sulla base del precedente stabilito con la mia estradizione, nulla impedisce alla Russia, o a qualsiasi altro Stato, di prendere di mira i giornalisti europei, gli editori o persino gli utenti dei social media, sostenendo che sono state violate le loro leggi sulla segretezza”

La libertà di espressione e di stampa sono i fondamenti di ogni democrazia, e sono le basi per una società libera e informata.
Per questo, come conclude Assange nel suo intervento di fronte ai parlamentari europei, è importante che le istituzioni riconoscano che “il giornalismo non è un crimine, e che “i giornalisti non dovrebbero essere perseguitati per aver fatto il loro lavoro“.

“Signor Presidente, illustri delegati, se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parlare e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi di pochi ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro.
[…]
La libertà di espressione e tutto ciò che ne deriva si trova a un bivio oscuro.

Temo che se le istituzioni che stabiliscono le norme, come PACE, non si rendono conto della gravità della situazione, sarà troppo tardi.”

Impegniamoci tutti a fare la nostra parte per garantire che la luce della libertà non si spenga mai, che la ricerca della verità continui a vivere, e che le voci dei molti non siano messe a tacere dagli interessi di pochi”.

Il Consiglio Europeo: “Assange era prigioniero politico in UK”

Il caso di Assange è stato per molto tempo sotto l’osservazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio Europeo.
Difatti, faceva parte di un più ampio esame sulle crescenti minacce che i giornalisti e gli informatori devono affrontare in Europa.
Un ruolo importante in questo caso è stato quello di Þórhildur Sunna Ævarsdóttir, Relatore generale per i prigionieri politici e parlamentare islandese nella commissione giuridica e per i diritti umani.

In occasione dell’Assemblea, Ævarsdóttir, ha redatto una risoluzione secondo la quale il fondatore di WikiLeaks è stato “processato e detenuto nel Regno Unito come prigioniero politico.
Tale risoluzione – che esorta gli Stati Uniti a riformare l’Espionage Act, a “subordinarne l’applicazione alla presenza di un intento malevolo di danneggiare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti o di aiutare una potenza straniera“, e a “escludere l’applicazione dell’Espionage Act a editori, giornalisti e informatori” – è stata approvata con ben 88 voti a favore e 13 contrari.

“Se si guarda alla definizione di prigioniero politico, Julian Assange e il suo caso soddisfano questa definizione.
È stato condannato per aver compiuto atti di giornalismo. Questo è un chiaro esempio di incarcerazione politicamente motivata.
Se si trattasse di qualsiasi altro Paese, se fosse uno dei Paesi che siamo felici di indicare per avere prigionieri politici su base regolare, qui, nell’Assemblea parlamentare, non credo che ci sarebbe molto da chiedersi.

Siamo stati noi stessi a creare questa definizione.”

Cosa dice questo caso a coloro che rischiano la vita per denunciare la corruzione, i crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani?
Dice che se si osa pubblicare la verità si può affrontare tutta l’ira della legge, per quanto arcaica e ingiusta sia la legge.
Dice che nella lotta tra il potere e la verità, il potere prevarrà“.

Alle dichiarazioni del Relatore si sono uniti altri Parlamentari, i quali hanno concordato sul fatto che la lunga detenzione di Assange rappresenti una vera e propria minaccia per il giornalismo.
Tra questi, la parlamentare ucraina Lesia Vasylenk, che ha dichiarato che “il clima di autocensura deve essere evitato a tutti i costi“.
Allo stesso modo, la parlamentare finlandese Anna-Kristiina Mikkonen ha parlato a difesa dei whistleblowers, sostenendo che il caso di WikiLeaks “è un’ottima ragione per cercare di ottenere una migliore protezione per gli informatori in tutto il mondo“.

Nonostante i voti contrari e le dichiarazioni di chi sostiene che il caso di Julian Assange non abbia i requisiti perché si possa parlare di prigioniero politico, la risoluzione ha rappresentato un riconoscimento dei rischi che la libertà di stampa e dei media stanno correndo in Europa e nel mondo.
Il voto è stato infatti elogiato dalla Federazione Internazionale dei giornalisti.

È una vittoria per la libertà di stampa, per tutti i giornalisti del mondo e per Assange dopo anni di privazione della libertà. La lotta per la verità non è mai stata così necessaria“.

Giulia Calvani

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