Prendere posizione non solo genericamente a favore della libertà di stampa, ma specificamente a favore della libertà del giornalista Julian Assange, fondatore di WikiLeaks! Gli attivisti chiedono “servizi che condannino la sua estradizione negli Stati Uniti come precedente pericoloso.”
Martedì scorso, 3 maggio, designatodall’UNESCO come la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, una cinquantina di attivisti romani hanno inscenato una protesta davanti alla Direzione Generale della RAI in viale Mazzini, Roma, per chiedere servizi radio-televisivi più impegnativi riguardanti il caso del giornalista australiano Julian Assange.
Il fondatore di Wikileaks – il celebre sito che ha pubblicato i misfatti dei governi e dei potenti – giace da tre anni in un carcere di massima sicurezza a Londra e sta per essere estradato negli Stati Uniti dove, con ogni probabilità verrà incarcerato a vita. Tutto questo, poi, semplicemente per aver svolto la professione di giornalista investigativo – nella fattispecie, per aver svelato i crimini di guerra commessi dalla NATO in Afghanistan e in Iraq, crimini abusivamente posti sotto segreto per lasciar impuniti i colpevoli e per convincere noi cittadini che, in quei due paesi, la NATO faceva soltanto una missione di pace (“peacekeeping”).
Tra gli interventi di spicco, durante le tre ore di comizio, figurano quello dell’avvocata per i diritti umani Michela Arricale, che ha denunciato come persecuzione l’incriminazione di Assange, e quello del giornalista Gabriele Paci che ha spiegato come l’attività investigativa di Assange costituisce la quintessenza del giornalismo. Patrizia Sterpetti ha portato poi la solidarietà della WILPF, Paola Slaviero quella della Rete NoWar, Stefano Galieni e Giovanni Russo Spena quella di Rifondazione Comunista e Gaetano Seminatore quella del Partito Comunista Italiano.
Nel suo appassionato discorso introduttivo, l’attivista Marianella “Nena” Diaz di FREE ASSANGE Italia (FAIt) si è rivolta direttamente ai dirigenti RAI (l’alto parlante, infatti, non è stato girato verso i partecipanti bensì verso le finestre del palazzo direzionale) per chiedere loro “non qualche servizio radio/tv striminzito, ma molteplici e ampi servizi di denuncia” contro, appunto, la persecuzione giudiziaria di Assange, che dura ormai da quasi 12 anni.
“Servono denunce esplicite,” ha spiegato Diaz, “per far riflettere il primo ministro britannico Boris Johnson e la sua Ministra dell’Interno Priti Patel,” la quale sta esaminando in questi giorni la richiesta di estradizione formulata dal governo statunitense e vagliata dalla magistratura del Regno Unito. “La pressione mediatica da parte delle Radio/TV nei vari paesi nel mondo potrebbe far decidere al governo britannico di utilizzare la sua facoltà di non concedere un’estradizione, nonostante il nulla osta concesso dalle corti, come peraltro ha fatto più volte in passato.”
“In occasione di questo 3 maggio,” ha poi aggiunto Paolo Capezzali, anche lui di FAIt, “riteniamo che vada celebrato proprio il giornalista che, più di qualunque altro, ha avuto il coraggio di svelare verità scomode – e non le verità comode del giornalismo mainstream, quelle che non disturbano il potere e semmai lo assecondano. Celebrare Assange significa concretamente chiedere che egli non venga estradato negli USA e, anzi, che venga rilasciato. La RAI, quale servizio pubblico, potrebbe farlo; anzi, dovrebbe farlo anche per tutelare il giornalismo investigativo libero.”
“Noi, come attivisti, ha concluso Capezzali, “stiamo raccogliendo fondi per installare grossicartelloni pubblicitari in tre città italiane, i quali esigono che Julian Assange vada liberato, perché ‘Il giornalismo non è un crimine’. Ora chiediamo alla RAI di fare la sua parte.”
La manifestazione davanti alla sede della RAI è stato concepita sia come sit-in in presenza, sia come sit-in radiofonico. “Siccome radio RAI interviene poco sul caso Assange,” spiega la coordinatrice di FAIt Daniela Marini, “abbiamo deciso di invitare le radio locali a dare il buon esempio, facendo delle dirette con noi in viale Mazzini durante il nostro sit-in.”
Ha risposto all’appello, facendo un’ampia intervista in diretta a Marini, sia Radio Onda Rossa di Roma che Radio Popolare di Milano, mentre Radio Città Aperta, sempre di Roma, ha scelto di intervistare Nena Diaz; la web radio nazionale Becciolini Network ha voluto intervistare in tandem sia Marini sia l’artista militante Davide Dormino, creatore della scultura Anything to Say che onora Assange, Manning e Snowden. Nel Veneto, la radio locale in FM, Radio Veneto Uno, ha scelto di intervistare la rappresentante padovana di FAIt, Donatella Mardollo.
Grazie all’abbinamento con il sit-in radiofonico, il sit-in in presenza, inizialmente di 50 persone, si è allargato in un istante ad una platea di diverse decine di migliaia di ascoltatori, in tutta l’Italia. Ma non finisce qui. L’intero sit-in in presenza è stato trasmesso sulla pagina Facebook di FAIt in streaming e da lì ritrasmesso, in tempo reale, sul sito di SapereAmbiente.
Contemporaneamente a Reggio Emilia, in occasione della Giornata Mondiale per la Libertà si Stampa, altri attivisti gridavano il loro NO all’estradizione di Assange. Il neo-costituito movimento Free Assange Reggio Emilia è, infatti, riuscito a riunire, anch’esso, una cinquantina di persone per un vivace comizio in piazza Prampolini.
E’ stato distribuito alla piccola folla la “Lettera ai giornalisti”, redatta dagli attivisti FAIt per i partecipanti al Festival del Giornalismo a Perugia lo scorso 9 aprile. La lettera si conclude con questo solenne monito rivolto a tutti coloro che lavorano nel mondo del giornalismo:
“Se Julian non sarà liberato, neanche voi sarete liberi. Se domani voi venite in possesso di informazioni segrete che rivelano crimini di guerra commessi da un paese della NATO, ricordando Julian vi sentirete costretti a cestinare quelle informazioni e a lasciar impunite le persone implicate. In una parola, vi sentirete costretti ad una vita di complicità. E’ dunque anche per la VOSTRA libertà che vi chiediamo di intervenire a favore della liberazione di Julian Assange.”
Patrick Boylan
da PeaceLink