La Svezia ha distrutto la documentazione: nuovi sviluppi nell’indagine FOIA

Prosegue la battaglia legale di Stefania Maurizi per ottenere i documenti del caso Assange.
Oggi, scopriamo che le autorità giudiziarie svedesi hanno distrutto email chiave relative all’indagine per stupro contro il fondatore di WikiLeaks.
Cosa contenevano quei documenti? E perché sono stati distrutti?

Nel 2015, la giornalista investigativa Stefania Maurizi, affiancata da un team legale internazionale, ha dato inizio a una battaglia legale contro i governi di UK, USA, Svezia e Australia per ottenere i documenti riguardanti il caso del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.

Nel 2017, hanno scoperto che le autorità giudiziarie inglesi del Crown Prosecution Service hanno distrutto gran parte della corrispondenza con le autorità svedesi in merito all’indagine per stupro.


Oggi, grazie al lavoro dei due avvocati svedesi Percy Bratt e Susanne Feinsbiler, e l’avvocata specializzata in FOIA, Estelle Dehon, sappiamo che anche le autorità svedesi hanno distrutto documenti chiave.

Assange indagato per stupro: un limbo legale durato 10 anni

Nell’agosto 2010, durante una permanenza in Svezia, Julian Assange viene indagato per stupro, molestie sessuali e coercizione illegale ai danni di due donne.
Inizia così un limbo giudiziario che si protrarrà per quasi 10 anni, fino al novembre 2019, senza mai arrivare alla formalizzazione di un’accusa.

Durante questo periodo, l’indagine viene aperta e chiusa per ben tre volte.
Inizialmente, è la procuratrice svedese Eva Finné a chiudere l’indagine in quanto “la condotta del sospettato non costituisce reato“.
Nel settembre 2010, il caso passa nelle mani della procuratrice Marianne Ny, che riapre l’indagine. Viene richiesto un interrogatorio, ma in quel momento Assange si trova a Londra, dove si è recato una volta ottenuto il permesso di lasciare la Svezia.

Alla richiesta della procuratrice, il giornalista risponde con la piena disponibilità a farsi interrogare in Inghilterra.

Tuttavia, la Svezia reclama la sua presenza fisica a Stoccolma e ne ordina l’estradizione attivando un mandato di arresto europeo tramite Interpol.
A questo punto, Assange teme che il vero obiettivo delle autorità svedesi sia estradarlo negli USA.
Per questo motivo, chiede asilo politico all’ambasciata ecuadoriana di Londra, dove rimane per circa 7 anni.
Infine, venuta a mancare la protezione diplomatica dell’Ecuador, l’11 aprile 2019, la polizia irrompe nell’ambasciata e arresta il fondatore di WikiLeaks.
Oggi, da quasi 4 anni, si trova nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh.

Nel maggio 2019, la procuratrice svedese Eva-Marie Persson riapre il caso, che si chiude definitivamente con la caduta in prescrizione di parte delle accuse. Ma, a questo punto, i danni sono già incalcolabili.
L’indagine ha tolto ad Assange il supporto di gran parte dell’opinione pubblica, dipingendolo come uno stupratore e un fuggitivo.

Ma è anche la reputazione delle autorità inglesi e scozzesi a venire danneggiata, con l’accusa del UN Working Group on Arbitrary Detention di aver detenuto arbitrariamente il giornalista a partire dal 2010.
Inoltre, come spiegato dal Rapporteur dell’ONU sulla Tortura, Nils Melzer, la Svezia sarebbe colpevole di circa cinquanta violazioni del processo, tra cui la “manipolazione proattiva delle prove“.

Ciò su cui Stefania Maurizi inizia a interrogarsi è il comportamento insolito di Marianne Ny, che aveva rifiutato di interrogare Assange a Londra con la possibilità di chiudere velocemente il caso.
Inizia così l’indagine FOIA per recuperare i documenti riguardanti il caso del fondatore di WikiLeaks, il quale rischia di essere estradato negli Stati Uniti e scontare 175 anni di carcere.

Il ruolo del Crown Prosecution Service e la distruzione dei documenti

Nel 2015, la procura svedese ha rilasciato parte della corrispondenza con le autorità inglesi del CPS.
Questi documenti testimoniano che fu proprio il Crown Prosecution Service, e in particolare un avvocato della Special Crime Division del CPS (divisione responsabile del perseguimento di casi di alto profilo), Paul Close, a insistere perché le autorità svedesi estradassero il sospettato.
E fu sempre Close a consigliare alla Svezia di “non trattare il caso semplicemente come un altro caso di estradizione”.

Come ha spiegato Maurizi:

“La Svezia mi ha rilasciato pochissime pagine di documenti, 226 pagine, però cruciali.


In questi documenti c’era la corrispondenza del 
Crown Prosecution Service (più alto organo di indagine della magistratura di Inghilterra e Galles, n.d.a.) e si scopre che sono state le autorità inglesi a dire ai procuratori svedesi ‘non venite qui, interrogatelo solo dopo averlo estradato in Svezia’.
Questa decisione di non andare lì e 
insistere sull’estradizione è ciò che ha creato una paralisi, perché Assange non si è mai opposto all’essere interrogato“.

Successivamente, anche il Crown Prosecution Service ha rilasciato 439 pagine di corrispondenza con le autorità svedesi, risalenti al periodo tra il 2010 e il 2013.
In quei documenti, si fa riferimento a un episodio nel quale i media riferirono che Marianne Ny fosse sul punto di abbandonare il caso.
Ma il CPS, in una mail, insiste nel proseguire con il processo di estradizione, intimando alla procuratrice: “non osare avere i piedi freddi!” (to get cold feet: avere paura di fare qualcosa che si aveva programmato di fare).

Nonostante ciò, pochi mesi dopo, è la stessa Marianne Ny, in una mail al CPS, a valutare l’idea di abbandonare il caso e ritirare il mandato di cattura.

“La legge svedese richiede che le misure coercitive siano proporzionate.
Il tempo trascorso, i costi e la gravità del reato devono essere presi in considerazione insieme al danno causato all’indagato.
In questo contesto ci siamo trovati costretti a considerare la possibilità di revocare l’ordine di detenzione e di ritirare il mandato d’arresto europeo. In caso di risposta affermativa, ciò dovrebbe avvenire entro un paio di settimane.

Ciò avrebbe un impatto significativo non solo su di noi, ma anche su di voi“.

Altro elemento importante da notare nella corrispondenza consegnata dal CPS è la mancanza di gran parte delle informazioni.
In particolare, sono assenti documenti relativi al periodo della richiesta di asilo politico di Assange.
Ulteriori indagini del team di Maurizi hanno rivelato che il CPS ha distrutto i dati associati all’account e-mail di Paul Close dopo il suo pensionamento, rendendo tale materiale irrecuperabile.
Nonostante l’insistente richiesta di spiegazioni alle autorità inglesi, la Procura continua a sostenere di non avere modo di sapere cosa sia andato perso a seguito della distruzione dei documenti, che rimane senza una dichiarata giustificazione.

Siamo nel 2022. Le autorità inglesi non hanno fornito alcuna spiegazione, dopo cinque anni nessuno ha ordinato un’ispezione per capire cosa è successo.
È assolutamente sospetto

Anche la Svezia ha distrutto documenti: le ultime scoperte

Dall’inizio dell’indagine nel 2015, Maurizi e i suoi avvocati si battono per ottenere la corrispondenza completa tra CPS e SPA (Swedish Prosecution Service).
Secondo una stima britannica, le due autorità si sarebbero scambiate tra le 7.200 e le 9.600 pagine di corrispondenza mail.
Ciò significa, come affermato da Maurizi, che quanto scoperto fino ad ora è solo “la punta dell’iceberg“.

“Negli ultimi 8 anni della nostra battaglia FOIA, abbiamo ottenuto solo 551 pagine dalla CPS e 1373 pagine dalla SPA. Di queste 1373 pagine di documenti della SPA, solo 310 rappresentano la corrispondenza tra la SPA e la CPS. Ciò significa che abbiamo ottenuto a malapena la punta dell’iceberg”.

Secondo la documentazione ottenuta, la procuratrice Marianne Ny e il CPS considerarono la possibilità di distruggere i documenti.

Nella corrispondenza, infatti, si fa riferimento a un episodio avvenuto nel 2012, quando il canale svedese TV4 ricevette una mail che avrebbe potuto mettere in imbarazzo le autorità svedesi, ma che la Procura e la SPA descrissero come “uno scherzo“.
In merito a ciò, una collega della procuratrice scrive:

Saremmo stati in grado di gestire la questione in modo migliore se fossimo stati informati della decisione di dare a TV4 la corrispondenza. Meglio ancora se fosse stata cancellata subito dopo la lettura“.

E conclude commentando:

“Marianne e io archiviamo tutte le e-mail relative ad A [Assange] in cartelle speciali, non disponibili o rintracciabili per nessuno tranne che per noi stessi”

Tramite ulteriori indagini, è stato rivelato che, nel marzo 2017, la procuratrice Ny ha distrutto una mail proveniente “da un dirigente dell’FBI” riguardante “una richiesta di informazioni“.


Secondo quanto dichiarato dalla Corte d’appello amministrativa svedese, la procuratrice ha risposto alla mail facendo riferimento alle informazioni disponibili sul sito web dell’Autorità di Procura, per poi distruggere il messaggio.
Tale corrispondenza risalirebbe al periodo della pubblicazione del fascicolo di file segreti della CIA “Vault 7“, con la conseguente furia della CIA e l’elaborazione di piani per assassinare il fondatore di WikiLeaks.
Fino a quel momento, sia le autorità statunitensi che la SPA hanno negato di essersi scambiati corrispondenza.

Maurizi e i suoi avvocati hanno quindi insistito per avere spiegazioni sulla distruzione della corrispondenza, e per ottenere le migliaia di pagine di documentazione mancante stimate dalle autorità inglesi.
Tuttavia, la procuratrice Eva-Marie Persson sostiene che le pagine non siano così tante come affermato dagli inglesi.
La giornalista e i due avvocati svedesi, Percy Bratt e Susanne Feinsilber, si sono rivolti alla Corte d’Appello Amministrativa svedese e all’Ombudsman parlamentare svedese per richiedere un’indagine sulla discrepanza tra le dichiarazioni delle autorità britanniche e quelle della Procura svedese, e per verificare l’esistenza di corrispondenza con le autorità statunitensi, ma non hanno ottenuto risposte.

Sia la Corte d’appello amministrativa svedese che l’Ombudsman parlamentare svedese hanno respinto i nostri ricorsi. L’Ombudsman parlamentare, Per Lennerbrant, ha respinto la nostra richiesta senza fornire alcuna spiegazione“.

A confermare la distruzione della corrispondenza da parte della Svezia, in conclusione, è stato il CPS, durante l’ultima udienza tenutasi lo scorso 27 gennaio a Londra.
Il capo dell’unità di estradizione del CPS, John Sheehan, ha dichiarato che: “La Swedish Prosecution Authority (SPA) sembra aver precedentemente cancellato una parte sostanziale della sua corrispondenza con il CPS“.
Di fronte alla richiesta di spiegazioni, la procuratrice Persson ha risposto:

“Per quanto ne so, la Procura svedese vi ha fornito tutti i documenti che avete richiesto. In Svezia ci sono delle regole per lo smistamento dei documenti. Il caso di Julian Assange è stato risolto nel 2017”

Il CPS, nell’esprimere la propria posizione in merito al rilascio della corrispondenza con la Svezia, ha fatto riferimento all’effetto che ciò potrebbe avere negli equilibri diplomatici internazionali, e in particolare nei casi di estradizione.

“La divulgazione del materiale sarebbe in grado di danneggiare il fragile rapporto di fiducia tra il CPS e le autorità straniere. L’efficace conduzione del procedimento di estradizione è interamente subordinata a ciò, e la divulgazione di corrispondenza privilegiata potrebbe causare un effetto raggelante nelle estradizioni in corso e future, a scapito della giustizia penale nazionale e internazionale.
Inoltre, tale effetto sembra aumentare, anziché diminuire, con il passare del tempo”.

L’indagine continua, e sono ancora molti gli interrogativi aperti.
Nel frattempo, mentre la giornalista Stefania Maurizi e i suoi avvocati lavorano senza sosta per ottenere risposte dalle autorità, Julian Assange giace da quasi 4 anni in una piccola cella nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, da uomo innocente.

Giulia Calvani

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