Il 13 ottobre scorso, nella Sala Civica “Unione Europea” di Ponte San Nicolò (provincia di Padova), 200 persone si sono radunate per parlare del caso di Julian Assange e delle sue implicazioni nella libertà di stampa e nel rispetto dei diritti umani.
L’incontro, organizzato dall’associazione FreeAssange Italia, dal Comitato Veneto per Assange e dal Comune di Ponte San Nicolò, è stato moderato da Vincenzo Vita (Presidente della Fondazione Archivio del Movimento Operaio e Democratico, ex sottosegretario e parlamentare).
L’evento ha visto la partecipazione della giornalista d’inchiesta Stefania Maurizi, autrice del libro “Il Potere Segreto: Perché vogliono distruggere Assange e WikiLeaks“.
Hanno partecipato anche:
Alessia Gasparin, Assessore alla Solidarietà internazionale, Diritti del Cittadino e della Pace;
Marco Mascia, docente di Relazioni Internazionali e Presidente del Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova;
Donatella Mardollo, FreeAssange Italia e Comitato Veneto per Assange;
Giuseppe Mosconi, docente di Sociologia del Diritto all’Università di Padova;
Catia Zoppello, Consigliere con incarico alla Cultura del Comune di Ponte San Nicolò
È intervenuto con un contributo video Beppe Giulietti, Giornalista e Presidente della Fondazione Nazionale Stampa Italiana
Cos’è il potere segreto e perché ci interessa
Credo che questo caso sia un caso fondamentale. Che devono capire tutti, e che possono capire tutti.
Non serve essere giornalisti, non serve essere grandi esperti o avere un interesse specifico per il giornalismo.
Perché questo è un caso che riguarda una mostruosa ingiustizia, e tutti abbiamo il senso della giustizia. E questo caso va al cuore della democrazia e del tipo di società che vogliamo.
Sapere che cosa fa il nostro governo nel buio del segreto fa la differenza tra la dittatura e la democrazia.
Nella sua introduzione, Stefania Maurizi ci ricorda del perché interessarsi al caso di Assange e WikiLeaks è fondamentale.
Il potere segreto non è ciò che vediamo nei telegiornali o che leggiamo che sui quotidiani, ma è ciò che, nel segreto e nell’impunità, prende decisioni che influenzano la vita di tutti.
È quello che decide, per esempio, di rimanere in Afghanistan per 20 anni, sacrificando i settori della sanità e dell’istruzione.
O che decide di far sparire Abu Omar a Milano, in pieno giorno, per portarlo in un altro Paese e torturarlo brutalmente.
Di tutto ciò, si parla molto raramente. Chi tocca questo livello, può avere molti, molti guai. Come nel caso di Assange e WikiLeaks.
Julian Assange, dopo aver rivelato i segreti del governo statunitense, non ha più conosciuto la libertà.
Ma il cuore più profondo del caso, come dice Maurizi, non è il diritto dei giornalisti dei pubblicare.
Bensì, il diritto dei cittadini di sapere e, quindi, di ribellarsi.
Se salta lui, se riescono ad ammazzarlo e a farlo crollare per sempre… allora tutti avremo paura.
È un’intimidazione a tutti. A voi, perché non mettiate il naso in queste cose, e a noi giornalisti, perché non mettiamo il naso in queste cose.
E quindi noi lo dobbiamo vincere per forza questo caso.
Diritti umani e libertà di stampa in pericolo
Il caso di Assange, come evidenzia il professor Marco Mascia, pone anche delle importanti questioni sul rispetto dei diritti umani.
Siamo in presenza di una violazione estesa dei diritti umani fondamentali. Siamo in presenza di atti che costituiscono un trattamento inumano e degradante, sia sul piano fisico che su quello psicologico.
Un altro punto importante, introdotto da Donatella Mardollo, è quello della protezione delle fonti e dei whistleblower
Stiamo correndo il rischio che le fonti giornalistiche, ossia i whistleblowers, preferiscano evitare di condividere documenti segreti e informazioni riservate con i giornalisti per timore di ripercussioni.
Il rischio è che anche i giornalisti stessi si rifiutino di pubblicare documenti sensibili, temendo la persecuzioni o altre rappresaglie.
In questo modo, i cittadini di tutto il mondo verrebbero privati di una stampa libera e indipendente, che è il pilastro della democrazia
La situazione del giornalismo investigativo, secondo Maurizi, è preoccupante.
Si pensi, infatti, alla persecuzione subita da Chelsea Manning, principale whistleblower di WikiLeaks, che ha passato 8 anni in un carcere militare tentando il suicidio tre volte.
Questo trattamento fa sì che le fonti preferiscano rimanere in silenzio per non mettere a rischio la propria vita.
In conclusione, questo non è solo il caso di un uomo. Come evidenzia Beppe Giulietti, è un caso che ci riguarda sotto ogni punto di vista.
Voi non state parlando di retorica o celebrando un memoriale, ma state parlando della libertà di informazione.
State parlando del diritto dei cittadini di essere informati su qualsiasi materia di pubblico interesse.
Quello che sta accadendo ad Assange, ci riguarda tutti.
Giulia Calvani